Revista catalana d’història 15 (2022), 59-78

Lucía Sánchez Saornil, una biografia tra politico e privato

Michela Cimbalo

Università Federico II – Napoli (Italia)

michela.cimbalo@gmail.com

https://orcid.org/0000-0002-9439-1617

Abstract

Lucía Sánchez Saornil è stata una femminista anarchica, giornalista e poetessa. Nel 1936 ha fondato Mujeres Libres, organizzazione femminile attiva durante la guerra civile con più di 20.000 aderenti. A partire dal 1938, nel ruolo di segretaria generale di Solidaridad Internacional Antifascista, ha gestito gli aiuti alla Spagna provenienti dall’estero e, in seguito alla disfatta repubblicana, si è occupata dell’assistenza agli esiliati spagnoli in Francia. La sua vita e il suo pensiero sono stati ricostruiti dall’autrice di questo articolo attraverso il confronto tra differenti tipologie di fonti, recuperate nel corso di ricerche svolte in vari archivi europei. L’obiettivo della ricerca è stato quello di indagare la figura di Lucía Sánchez Saornil, rimasta per lungo tempo poco conosciuta alla storiografia, intrecciando l’ambito pubblico e politico con aspetti riferiti alla sfera personale della sua vita, in modo da restituirne una visione complessiva.

Parole chiave: anarchismo; femminismo; guerra civile; Mujeres Libres; esilio.

Resum

Lucía Sánchez Saornil, una biografia entre l’àmbit polític i privat

Lucía Sánchez Saornil va ser una feminista anarquista, periodista i poeta. El 1936 va fundar Mujeres Libres, una organització de dones activa durant la guerra civil amb més de 20.000 membres. Des del 1938, al càrrec de secretària general de Solidaritat Internacional Antifeixista, va gestionar l’ajuda a Espanya des de l’exterior i, després de la derrota republicana, es va involucrar en l’assistència als exiliats espanyols a França. L’autora d’aquest article ha estat reconstruïda per la seva vida i el seu pensament a través de la comparació entre diferents tipus de fonts, recuperades en el transcurs d’investigacions realitzades en diversos arxius europeus. L’objectiu de la investigació va ser indagar a la figura de Lucía Sánchez Saornil, que durant molt de temps va romandre poc coneguda per a la historiografia, entrellaçant l’àmbit públic i polític amb aspectes relacionats amb l’àmbit personal de la seva vida, a fi de restituir-ne una visió de conjunt.

Paraules clau: anarquisme; feminisme; guerra civil; Dones Lliures; exili.

Resumen

Lucía Sánchez Saornil, una biografía entre el ámbito político y privado

Lucía Sánchez Saornil fue una feminista anarquista, periodista y poeta. En 1936 fundó Mujeres Libres, una organización de mujeres activa durante la guerra civil con más de 20.000 miembros. Desde 1938, en el cargo de secretaria general de Solidaridad Internacional Antifascista, gestionó la ayuda a España desde el exterior y, tras la derrota republicana, se involucró en la asistencia a los exiliados españoles en Francia. Su vida y su pensamiento han sido reconstruidos por la autora de este artículo a través de la comparación entre distintos tipos de fuentes, recuperadas en el transcurso de investigaciones realizadas en diversos archivos europeos. El objetivo de la investigación fue indagar en la figura de Lucía Sánchez Saornil, quien durante mucho tiempo permaneció poco conocida para la historiografía, entrelazando el ámbito público y político con aspectos relacionados con el ámbito personal de su vida, con el fin de restituir una visión de conjunto.

Palabras clave: anarquismo; feminismo; guerra civil; Mujeres Libres; exilio.

Abstract

Lucía Sánchez Saornil, a biography between political and private

Lucía Sánchez Saornil was an anarchist feminist, journalist and poet. In 1936 she founded Mujeres Libres, a womens organization active during the civil war with more than 20.000 members. Since 1938, in the role of general secretary of Solidaridad Internacional Antifascista, she has managed aids to Spain from abroad and, following the Republican defeat, she has helped out the Spanish exiles in France. Her life and her thoughts have been reconstructed by the author of this article through the comparison between different types of sources, recovered in the course of research carried out in various European archives. The aim of the research was to investigate the figure of Lucía Sánchez Saornil, who for a long time remained almost unknown in historiography, intertwining the public and political sphere with aspects related to the her personal life, in order to give an overall vision.

Key words: anarchism; feminism; civil war; Mujeres Libres; exile.

§

Indagare dal punto di vista storico la vita di una donna pone inevitabilmente di fronte a una serie di problematiche e difficoltà peculiari. Le fonti vengono in soccorso solo parzialmente, perché spesso ne omettono la presenza e il ruolo, o la lasciano sullo sfondo, figurina sfocata che popola la scenografia davanti alla quale si dipanano gli avvenimenti storici. Quando finalmente riusciamo a rintracciare fonti che ci parlano direttamente di quell’esistenza femminile, si presenta poi un altro problema: trovarle un posto all’interno delle ricostruzioni storiche dei principali eventi e processi, metterla in relazione con il contesto, non rinunciando a indagare la specifica condizione che ha vissuto in quanto donna. Queste difficoltà, sperimentate in prima persona da chiunque abbia incentrato la ricerca storica sulla parte femminile della popolazione, sono al tempo stesso freno e stimolo alla ricerca: se da un lato si ha costantemente l’impressione di trovarsi di fronte a muri che sbarrano la strada, d’altra parte proprio le difficoltà costringono a percorrere altre vie, a battere nuove piste.

È questa la situazione in cui mi sono trovata quando ho cominciato a lavorare alla biografia di Lucía Sánchez Saornil.1 Militante anarchica e femminista, giornalista e poetessa, fondatrice nel 1936 dell’organizzazione Mujeres Libres, Lucía Sánchez Saornil è stata una figura di spicco del movimento anarchico degli anni Trenta e una pensatrice estremamente innovativa e interessante. In controtendenza rispetto alla condizione vissuta dalla maggioranza delle donne spagnole dell’epoca, e nonostante le sue origini proletarie, è riuscita a emergere come intellettuale ed è arrivata a ricoprire importanti incarichi politici. Pur avendo avuto un ruolo sulla scena pubblica spagnola dei primi decenni del Novecento, è stata però a lungo dimenticata; la sua figura risulta scarsamente trattata dalla storiografia e l’oblio su di lei ha prevalso per molto tempo perfino nelle pubblicazioni di stampo militante del movimento anarchico.

Vari fattori hanno probabilmente contribuito a farla rimanere nell’ombra: in parte ha giocato un ruolo importante la sua appartenenza al movimento anarchico, ma soprattutto il suo essere donna, e per di più una donna omosessuale, caratteristiche alle quali si sono sommati il fatto che sia apparentemente “scomparsa nel nulla” dopo la guerra civile – e si vedrà come e perché – e la cortina di silenzio e di cancellazione fatta calare sui vinti della guerra dalla dittatura franchista. A tutto ciò va aggiunta la sua personale propensione a rifuggire da ogni personalismo, che l’ha spinta per tutta la vita a non mettersi in primo piano nelle attività politiche che portava avanti, a non ricercare la gloria, preferendo un impegno militante più silenzioso che lasciasse spazio a una pluralità di voci diverse. Una caratteristica particolare, che rende ancor più difficile recuperarne le tracce e ricostruirne la vita e il percorso politico, considerando che questa sua propensione la portava a lasciare anonimi molti degli articoli che scriveva, a non esplicitare l’importanza del suo ruolo all’interno di organizzazioni che contribuiva a creare, a non diffondere notizie sulla sua vita personale. Anche per questo motivo, quando ho cominciato a lavorare alla sua biografia, Lucía Sánchez Saornil appariva una figura tanto interessante quanto estremamente misteriosa.

Si contano sulle dita di una mano le ricerche specifiche esistenti su di lei: tra queste risalta un saggio di Mary Nash del 1975, che analizza alcuni aspetti del suo pensiero femminista, ponendolo efficacemente in comparazione con quello di un’altra anarchica spagnola, coeva e ben più conosciuta, Federica Montseny. La ricercatrice Rosa María Martín Casamitjana si è invece occupata della sua produzione poetica, recuperando componimenti del periodo

1Cimbalo, M. (2020): Ho sempre detto noi. Lucía Sánchez Saornil, femminista e anarchica nella Spagna della Guerra Civile, Viella.

avanguardistico, degli anni del conflitto, e una serie di poesie scritte durante il franchismo e mai pubblicate. La raccolta di poesie è stata accompagnata da una breve nota biografica che ha fornito informazioni inedite sulla sua vita, grazie all’apporto di una fonte orale, la testimonianza di una parente di América Barroso, la donna con la quale Lucía Sánchez Saornil ha avuto una relazione sentimentale durata più di trent’anni. Infine, in una pubblicazione uscita postuma, Antonia Fontanillas ha raccolto una parte importante della sua attività giornalistica, recuperando decine di articoli apparsi prevalentemente sulla stampa anarchica spagnola degli anni della guerra civile.2 A queste preziose ma isolate ricerche si aggiungono alcuni elementi offerti dai principali studi su Mujeres Libres, che contengono inevitabili riferimenti a scritti di Lucía Sánchez Saornil sulla questione femminile e al ruolo da lei svolto all’interno dell’organizzazione di sole donne di cui fu fondatrice, segretaria nazionale e portavoce durante tutti gli anni della guerra civile.3

Quando ho cominciato la mia ricerca il panorama offerto dalla letteratura esistente era dunque scarno, ma comunque sufficiente per attirare l’attenzione su questa figura femminile e accendere l’interesse e la curiosità sulla sua storia, ancora in larga parte sconosciuta. La lettura di alcuni suoi scritti, recuperati e riprodotti negli studi esistenti, metteva infatti in evidenza un aspetto ben chiaro: Lucía Sánchez Saornil era stata una pensatrice fuori dal comune, capace di leggere il proprio tempo con uno sguardo particolarmente acuto, in particolare per quanto riguardava le analisi che proponeva sul sistema di genere a lei contemporaneo, del quale individuava con precisione caratteristiche e processi di trasformazione di ampia portata. Colpiva inoltre l’originalità delle proposte che aveva delineato per giungere a una liberazione delle donne, frutto di un complesso pensiero che cercava di coniugare anarchismo e femminismo, offrendo spunti di riflessione interessanti in entrambi i campi e sviluppando tematiche e pratiche di lotta femminile decisamente innovative per l’epoca.

Alla conoscenza di questi suoi scritti, risalenti agli anni Trenta e collegati all’esperienza di Mujeres Libres, non si accompagnava tuttavia un chiaro inquadramento sulla sua persona: tutto il suo percorso di vita precedente e posteriore a quel breve intermezzo rappresentato dalla guerra civile rimaneva per lo più sconosciuto, si avevano solo alcune informazioni sparse che non consentivano di contestualizzare la sua vicenda umana e politica.

Per comprendere come fosse giunta a elaborare analisi così originali e dirompenti, quali fossero state le tappe fondamentali del suo percorso e attraverso quali esperienze si fosse formata, nonché per indagare la direzione che aveva preso la sua vita in seguito alla conclusione della guerra civile, è stato necessario fare ricorso a una vasta e differenziata tipologia di fonti, che offrisse un panorama ampio sulla sua persona, facendone riemergere non solo il ruolo pubblico e politico, ma anche aspetti relativi alla sfera personale, nonché il contesto sociale ed economico all’interno del quale si era svolta la sua esistenza.

In primo luogo la ricerca si è concentrata sull’analisi della stampa dell’epoca, cercando di recuperare quanto più possibile di ciò che Lucía Sánchez Saornil aveva pubblicato nel corso

2 Nash M. (1975). «Dos intelectuales anarquistas frente al problema de la mujer: Federica Montseny y Lucía Sánchez Saornil», Convivium, (44-45), 72-99; Martín Casamitjana: R.M. (1996). Lucía Sánchez Saornil. Poesia, Pre-textos: IVAM,; Fontanillas Borrás, A.; Martínez Muñoz, P. (2014). Lucía Sánchez Saornil. Poeta, periodista y fundadora de Mujeres Libres, La Malatesta Editorial.

3 In particolare, Nash, M. (1975). Mujeres Libres: España 1936-1939, Tusquets, también (1981). Mujer y movimiento obrero en España, Editorial FontamaraM (1999). Rojas. Las mujeres republicanas en la guerra civil, Taurus; Ackelberg, M.A. (2005). Mujeres libres: l’attualità della lotta delle donne anarchiche nella rivoluzione spagnola, Zero in condotta. Si veda anche E. Vega (2010). Pioneras y revolucionarias. Mujeres libertarias durante la República, la Guerra Civil y el Franquismo, Icaria.

della vita. Contrariamente a quello che suggeriva una prima impressione, ossia che la maggioranza dei suoi scritti fossero già stati rintracciati e riprodotti, la consultazione di quotidiani e riviste dei primi decenni del secolo scorso ha disvelato un’ingente quantità di documentazione ancora da studiare. Ricerca dopo ricerca dagli archivi è uscito un diluvio di suoi contributi alla stampa spagnola ed estera, che dà il segno di quanto prolifica sia stata la sua attività di scrittura. In alcuni casi si trattava di articoli pubblicati tramite pseudonimo, che la comparazione di suoi interventi apparsi su differenti testate giornalistiche ha permesso di ricondurre alla sua penna. A questo corpo di documenti, che forniva un ampio quadro sul suo pensiero e sulla sua attività militante, ho scelto di affiancare fonti provenienti dagli archivi delle organizzazioni di cui ha fatto parte – sia documentazione di propaganda che di comunicazione interna –, fascicoli di polizia e procedimenti giudiziari, stampa dell’epoca, la corrispondenza da lei intrattenuta con alcune personalità dell’ambiente anarchico internazionale, riviste letterarie, documentazione aziendale, fonti amministrative ed ecclesiastiche, archivi di famiglia. La diversificazione delle fonti ha permesso di indagare vari ambiti, non limitandosi a quello pubblico e politico, ma ricostruendo a tutto tondo la sua traiettoria di vita.

Un contributo fondamentale lo hanno dato quelle fonti in grado di offrire informazioni sugli aspetti più ordinari e comuni di ogni esistenza. L’incrocio tra i copiosi dati forniti dai padrones de habitantes e quelli ricavati dai registri civili e dai libri parrocchiali ha permesso di ricostruire la sua storia famigliare e il contesto sociale ed economico nel quale è cresciuta.4

Figlia di migranti provenienti dalle campagne di Valladolid e spostatisi a Madrid sul finire dell’Ottocento, Lucía Sánchez Saornil è nata nel 1895 in uno dei quartieri più poveri della capitale, Las Peñuelas, in cui si concentravano molti dei lavoratori che erano arrivati da varie parti della Spagna per cercare fortuna, attratti dal processo di crescita che viveva la città. In un primo tempo la sua famiglia non ebbe più fortuna di altre: con le inesistenti qualifiche che potevano offrire – il padre era stato fino a quel momento bracciante, mentre per quanto riguarda il mestiere della madre le fonti riportano solo l’usuale indicazione prevista per le donne, “sus labores” o “su sexo”, ovvero casalinga – l’unica collocazione che trovarono sul mercato del lavoro madrileno fu l’impiego del padre come giornaliero. Trascorsero alcuni anni tra frequenti trasferimenti di casa, nascite di figli e loro morti premature, prima quella di una figlia ancora neonata e poi quella del primogenito José, deceduto di bronchite all’età di sette anni. Pochi anni dopo un’epidemia di tubercolosi si portò via la madre Gabriela, ancora giovane, a soli trentasette anni. L’elevatissima mortalità che ancora a inizio Novecento falcidiava le classi popolari di Madrid, che risiedevano in abitazioni ridotte e insalubri, in pessime condizioni igieniche e con un’alimentazione insufficiente causata dal dislivello tra l’alto costo della vita e i bassi salari, non risparmiò dunque neanche la famiglia di Lucía Sánchez Saornil e finì per ridurne i componenti a lei, una ragazza ancora dodicenne alla morte della madre, il padre e una sorella di poco più giovane, segnata per tutta la vita da una malattia che non le permetteva di poter lavorare. In questo contesto sfavorevole Lucía Sánchez Saornil si trovò a doversi occupare fin da giovane delle faccende di casa e ad accudire la sorella malata; non risulta aver frequentato la scuola nell’infanzia, ma in età avanzata, a quindici anni, cominciò ad acquisire

4 Le informazioni sulla sua famiglia esposte di seguito provengono dall’analisi dei padrones de habitantes del periodo 1895-1935 conservati in Archivo de la Villa de Madrid (AVM), dai dati ricavati dal Registro Civil de Madrid (RCM), dai libri parrocchiali dell’Archivo General Diocesano de Valladolid (AGDV) e da quelli dell’Archivo de la Parroquia de San Miguel Arcangel, Pozal de Gallinas, Valladolid (APSMA).

un’istruzione grazie alle lezioni offerte da un centro di beneficenza promosso dalle classi benestanti madrilene.5

La situazione economica della famiglia andò però col tempo a migliorare: nel 1920 sia lei che il padre risultavano assunti da un’azienda telefonica. Se il padre perse presto l’impiego, forse per via dell’età avanzata, Lucía Sánchez Saornil continuerà invece per quasi vent’anni a lavorare come telefonista, provvedendo così al sostentamento economico di tutta la famiglia.

Descrisse questa sua esperienza lavorativa in un interessante reportage, uscito a puntate molti anni dopo sulla rivista Mujeres Libres.6 Pur nel linguaggio semplice e nello stile narrativo scelto per rivolgersi alle lettrici della rivista e per trasmettere loro con immediatezza un’esperienza di lotta lavorativa delle donne, si trattava di un’articolata analisi sui discorsi di genere predominanti nella società spagnola, sulle loro contraddizioni interne e sugli effetti che producevano sul mercato del lavoro femminile, nonché su quel processo di ampia portata che stava trasformando radicalmente il lavoro delle telefoniste per effetto della sperimentazione del taylorismo applicato al settore dei servizi. Questi articoli, che riuscivano a cogliere aspetti essenziali di alcune trasformazioni storiche in atto, dandone una lettura che appare ampiamente confermata dalla recente storiografia sull’argomento,7 forniscono indirettamente preziose informazioni anche sul percorso di Lucía Sánchez Saornil: fu nell’ambito del suo impiego come telefonista che ebbe le prime e determinanti esperienze di lotte sul lavoro e i primi contatti diretti con le organizzazioni dei lavoratori, tentando dapprima di coinvolgere le telefoniste madrilene negli scioperi del 1919, e arrivando in seguito, sotto la dittatura di Primo de Rivera, a promuoverne l’affiliazione a una società di resistenza operaia, riuscendo così a contrapporsi ai licenziamenti stabiliti dall’azienda. Fino a che il suo energico attivismo non venne sanzionato dall’impresa per la quale lavorava, che dapprima l’allontanò dalla sede di Madrid trasferendola forzatamente a Valencia, e infine la licenziò.

Tra la seconda metà degli anni Dieci e gli anni Venti, mentre lavorava come telefonista, Lucía Sánchez Saornil portò avanti anche altre attività, prima tra tutte quella di poetessa. Le ricerche sulla stampa dell’epoca hanno fatto emergere le varie tappe del suo percorso poetico, a partire dal ritrovamento della sua prima poesia pubblicata, apparsa nel 1914 sul settimanale di provincia Avante, che permette di retrodatare il suo debutto letterario rispetto a quanto finora accertato.8 Negli anni successivi espanse le sue collaborazioni ad alcune riviste letterarie, come Los Quijotes, Los Noveles e Cádiz–San Fernard. Giovane scrittrice ventenne, si distinse fin da subito per il fatto di proporre poesie che parlavano soprattutto di amore e di desiderio, connotate da un forte quanto inusuale erotismo. Tanto più che destinatari di questi componimenti apparivano dei soggetti femminili, donne di cui Lucía Sánchez Saornil descriveva gli attraenti corpi, non nascondendo l’attrazione che le suscitavano. Andava così a toccare un argomento assolutamente tabù nella Spagna dei primi decenni del Novecento, nella quale l’esistenza dell’omosessualità femminile non era contemplata, rimaneva costantemente invisibile, salvo emergere in testi pseudo scientifici che la trattavano come una delle molteplici forme di comportamenti deviati femminili, accostandola a fenomeni di criminalità e prostituzione.

5 Sánchez Saornil, L., «Para Rosita de la Poza Sáenz», La Correspondencia de España, 27 marzo 1913.

6 Sánchez Saornil, L. «Veinte años de psicología femenina a través de una profesión I-II», Mujeres Libres, núms. 2 e 3 (1936).

7 Borderías, C. (1993). Entre lineas. Trabajo e identitad femenina en la España contemporánea: la Compañía Telefónica, 1924-1980, Icaria.

8 Sánchez Saornil, L.,«Nieve», Avante, 31 gennaio 1914.

In questo contesto, Lucía Sánchez Saornil non solo cantava l’amore e il desiderio lesbico apertamente, ma mise in pratica anche un interessante gioco tra diverse identità di genere, mostrando una volontà di messa in discussione delle rigide definizioni binarie. Si dotò infatti di uno pseudonimo maschile, una sorta di alter ego dall’altisonante nome di Luciano de San Saor, ma lungi dal volersi nascondere dietro ad esso – scelta che sarebbe stata comprensibile, considerando quanto poteva essere mal vista una donna che si dedicava alla scrittura, e perlopiù trattando temi così arditi –, cominciò ad alternarlo al suo nome femminile nella firma delle poesie. Inoltre accompagnava questo sdoppiamento a variazioni nel genere dell’io poetico, che risultava spesso non coincidente col genere della firma, oppure veniva lasciato indefinito. Il poeta Luciano de San Saor risultava quindi parlare a volte con voce femminile, spesso non rivelava la sua identità di genere, periodicamente lasciava il posto alla donna Lucía Sánchez Saornil; e tutto ciò mentre descriveva corpi femminili che agitavano il sangue e risvegliavano incontenibili desideri nell’autrice di questi azzardati componimenti.9

Pochi anni più tardi entrò a far parte della neonata avanguardia artistica dell’Ultraismo, cominciando a pubblicare su tutte le principali riviste del movimento, sperimentandosi in nuove forme poetiche e ottenendo ottimi riconoscimenti. Sarà l’unica donna poetessa a far parte di questo collettivo esclusivamente maschile, circostanza che si ripeterà frequentemente nelle sue successive attività politiche. L’esperienza avanguardista la segnerà profondamente, rivelandosi una notevole palestra per la sua attività di scrittrice, nonché un’occasione per sviluppare rapporti e conoscenze negli ambienti artistici e culturali e per entrare in contatto con alcuni dei più interessanti fermenti che esistevano anche al di fuori della Spagna. Inoltre la conoscenza diretta che ebbe delle sperimentazioni editoriali, grafiche, artistiche e di linguaggio che erano germinate all’interno delle riviste avanguardiste di quegli anni farà vedere i suoi effetti nelle scelte stilistiche che caratterizzeranno alcune delle pubblicazioni di cui in seguito sarà lei stessa fondatrice e collaboratrice, a partire dalla rivista Mujeres Libres.

Continuò la sua attività di poetessa anche dopo la conclusione della breve parabola vissuta dall’Ultraismo, collaborando con tutti i principali progetti editoriali che si svilupparono da quell’esperienza e integrandosi nei circoli culturali più innovativi dell’epoca, all’interno dei quali risaltava per contrasto la sua estrazione proletaria e il fatto che, parallelamente all’attività artistica, continuasse a condurre una vita da lavoratrice. L’analisi della stampa di quegli anni ci restituisce sue innumerevoli partecipazioni e attività, tra le quali risaltano la sua presenza nel 1928 alla Prima Manifestazione Valenziana di Arte Giovane, dove lesse i suoi poemi accanto a giovani esordienti come Max Aub e Federico García Lorca, e l’approdo della sua poesia oltreoceano, con la pubblicazione di due suoi componimenti sulla rivista argentina avanguardista Martín Fierro, che aveva tra i suoi collaboratori Jorge Luis Borges.10

Dopo essere stata una sostenitrice entusiasta della ventata di novità portata dalle avanguardie artistiche, Lucía Sánchez Saornil giunse in seguito a prenderne le distanze, fornendo una lettura di quei movimenti come prodotto dello sfacelo portato dalla prima guerra mondiale e criticando aspramente la deriva borghese e puramente intellettuale nella quale, a suo giudizio, erano sfociati gli iniziali proclami degli avanguardisti a favore di una trasformazione radicale

9 Si tratta di una particolarità già rilevata in Castro, E. (2014). Poesía lesbiana queer: cuerpos y subjetos inadecuados, Icaria, Barcelona, 18-29, ulteriormente confermata dal ritrovamento delle sue poesie apparse sulla rivista Cádiz – San Fernard.

10 «Resumen de poemas», El Pueblo, 29 luglio 1928; L. De San Saor: «Meridiano» e «Fiesta», Martín Fierro, 28 maggio 1927.

della realtà e di costruzione di un mondo nuovo.11 Erano ormai i primi anni Trenta e profonde divergenze politiche segnavano anche gli ambienti letterari e artistici spagnoli; mentre alcuni avanguardisti avevano finito per collocarsi su posizioni di destra o esplicitamente fasciste, Lucía Sánchez Saornil si era da tempo avvicinata al movimento anarchico, sostituendo all’attività poetica l’impegno nelle lotte dei lavoratori.

Dato il contesto di dittatura vissuto dalla Spagna nel decennio precedente, nel quale il movimento anarchico fu costretto a muoversi per lo più nell’ombra, non risulta possibile identificare con precisione il momento in cui Lucía Sánchez Saornil ebbe i primi contatti con l’anarchismo. È possibile che proprio la sua partecipazione alle società operaie durante le battaglie che condusse negli anni Venti come telefonista e la conseguente frequentazione della Casa del Popolo di Madrid furono un’occasione di avvicinamento. Di certo, nel 1931, in un contesto di ripresa del movimento anarchico tornato a operare alla luce del sole con l’avvento della Seconda Repubblica, la troviamo a partecipare alle proteste di piazza a sostegno del grande sciopero della CNT contro l’azienda Telefónica per la quale aveva lavorato per lungo tempo. Gli archivi hanno restituito le tracce del suo arresto durante una protesta di fronte alla sede madrilena di Telefónica, in quei giorni di luglio che segnarono il primo grande scontro frontale tra gli anarchici e il nuovo governo repubblicano.12

In un contesto di espansione della CNT e di crescita della sua forza, nei primi anni Trenta Lucía Sánchez Saornil si dedicò anima e corpo al sindacato, partecipando come oratrice a conferenze, offrendo lezioni ai lavoratori e alle lavoratrici, utilizzando le sue capacità di scrittura per contribuire a varie pubblicazioni del movimento, dal settimanale anarchico El Libertario al quotidiano nazionale della confederazione, CNT, del quale nel 1933 divenne redattrice, unica donna presente nel corpo redazionale durante tutta la vita del giornale.13

È interessante come nella sua totale ed energica adesione al movimento anarchico, Lucía Sánchez Saornil si mostrò fin da subito una voce critica, intenzionata a proporre stimoli di riflessione sulle modalità di perseguimento degli ideali anarchici e sull’effettiva modalità di agire degli appartenenti al movimento. In particolare, a partire dalla sua condizione soggettiva di attiva militante, donna, che si muoveva in un ambiente di chiara predominanza maschile quale era allora anche il movimento anarchico, cominciò a mettere in discussione le limitazioni che venivano poste a una piena partecipazione femminile, incentrando molti dei suoi articoli sul tema della condizione delle donne in generale e sul rapporto tra queste e l’anarchismo nello specifico.

A questo proposito, l’analisi degli esemplari di CNT usciti a partire dal 1932 ha riportato alla luce, oltre a suoi scritti su vari argomenti politici e di attualità, una rubrica dal titolo La donna sul cammino della rivoluzione, che Lucía Sánchez Saornil gestiva attraverso lo pseudonimo, particolarmente anonimo e defilato, di “Compañera x”.14 Qui lanciò una polemica serrata su come venivano considerate e trattate le donne da parte dei militanti anarchici, sostenendo che «molti compagni mentre ostentano il loro essere rivoluzionari in strada, nell’officina, nel sin

11 Sánchez Saornil, L., «Literatura nada más», CNT, 14 marzo 1933.

12 Archivo Histórico Nacional (AHN), Audencia Territorial de Madrid, leg. 43, exp. 22, Sumario 999/1931, Madrid, 1931; «Una carga en la Gran Vía contra los huelguistas», ABC, 22 luglio 1931

13 CNT, 19 agosto 1933.

14 È stato possibile ricondurre a lei la gestione di questa rubrica grazie al confronto sia con suoi scritti precedenti che con articoli successivi, nei quali si ritrovano le medesime frasi utilizzate dalla “Compañera x”; ad esempio nei suoi interventi del 1935 su Solidaridad Obrera, così come nei primi tre editoriali di Mujeres Libres.

dacato, hanno un focolare domestico strutturato in conformità con le più pure norme feudali, dove agiscono da piccoli dittatori».15 Invitava i militanti a ripensare in maniera critica il loro approccio all’altro sesso, ponendosi in una prospettiva maggiormente paritaria e applicando nel concreto gli ideali di uguaglianza che propugnavano. Le donne, sosteneva, erano tenute in uno stato di subordinazione anche negli ambienti anarchici, mentre era necessario cominciare a riconoscerle come esseri autonomi e capaci al pari degli uomini, all’interno della vita famigliare così come nell’ambito delle lotte sociali. Si trattava di una posizione che avrebbe poi riproposto e sviluppato nel 1935 in un dibattito aperto con Mariano Vázquez sulle pagine di Solidaridad Obrera – in una serie di articoli ampiamente conosciuti fin dagli anni Settanta grazie agli studi di Nash – e che costituirà in seguito la prospettiva seguita da Mujeres Libres nelle sue critiche rivolte al movimento anarchico.

L’attenzione di Lucía Sánchez Saornil verso la situazione femminile veniva tuttavia da ancora più lontano, dato che in realtà aveva cominciato a scriverne fin dalla metà degli anni Venti. In un suo intervento inviato al quotidiano La Libertad puntava l’attenzione già allora sulla condizione di arretratezza nella quale veniva tenuta la popolazione femminile spagnola e sull’estrema necessità di istruzione e cultura che presentava, sostenendo l’opportunità che le donne si organizzassero autonomamente per migliorare la propria situazione e portare avanti le proprie battaglie, rendendosi così indipendenti da ogni influsso maschile. Il ritrovamento di questo suo scritto del 1924, risalente quindi a un periodo di molto precedente alla creazione di Mujeres Libres, è stato fondamentale per analizzare il germinare del suo pensiero femminista e per comprenderne appieno le evoluzioni, oltre ad aver fornito una riprova del suo precoce avvicinamento al movimento dei lavoratori, dal quale, sosteneva una ancor giovane Lucía Sánchez Saornil, le donne avrebbero dovuto prendere spunto, ereditandone le pratiche mutualistiche e di cooperazione per sostenersi vicendevolmente in un percorso formativo e di emancipazione, tramite proprie iniziative organizzative autonome.16

La compiuta realizzazione di questo proposito si espresse molti anni dopo con la nascita di Mujeres Libres, un esito a cui Lucía Sánchez Saornil giunse grazie alle reti che aveva intessuto negli anni con altre donne appartenenti al movimento anarchico, da una parte lanciando su tutte le pubblicazioni con cui collaborava inviti alla riflessione e allo scambio di opinioni sulla condizione femminile, dall’altra sperimentando all’interno delle sedi del sindacato madrileno esperienze di formazione separata rivolte alle donne lavoratrici, attraverso la creazione di classi esclusivamente femminili. In queste attività formative collaborò con altre militanti, prima tra tutte l’anarchica Mercedes Comaposada, con la quale elaborò l’idea di mettere in campo una serie di iniziative rivolte alle donne, a partire dalla pubblicazione di una rivista.

Nasceva così nel maggio 1936 Mujeres Libres, con una redazione composta esclusivamente da donne e l’obiettivo di stimolare interesse per le questioni sociali in un pubblico femminile. Pur evitando di esplicitare la propria appartenenza anarchica, le redattrici aspiravano ad avvicinare le lettrici al movimento e ad attirare nuove forze che potessero contribuire a una serie di attività rivolte alle donne che progettavano di mettere in campo a breve. Lucía Sánchez Saornil si occupava prevalentemente di articoli sul lavoro femminile, nonché della rubrica Jornadas de lucha, nella quale dava notizie delle lotte lavorative portate avanti da gruppi femminili in varie parti della

15 Compañera x: «La gran tarea de los compañeros», CNT, 23 agosto 1934.

16 Sánchez Saornil, L., «La ruta», La Libertad, 15 febbraio 1924.

Spagna. Le notizie sulle battaglie in corso le giungevano dalla corrispondenza che intratteneva con varie militanti di altre località; la lettura di questi scambi epistolari fornisce particolari molto interessanti sia sul suo pensiero e sulla prospettiva di azione che aveva in mente in quel periodo, sia sulle modalità di creazione del progetto di Mujeres Libres sia, infine, sui percorsi di collettivi femminili e di singole militanti operanti in ambito anarchico, alcune delle quali confluiranno poi nell’organizzazione che prenderà vita dall’esperienza della rivista.17

Pochi mesi dopo la nascita di Mujeres Libres, mentre la redazione preparava il quarto numero, la Spagna venne travolta dal colpo di stato; nelle prime settimane di guerra Lucía Sánchez Saornil si recò al fronte come inviata di CNT, scrivendo per il quotidiano anarchico reportage sull’andamento delle battaglie.18 Tornata a Madrid, organizzò le attività del gruppo di donne che ruotava attorno alla rivista: nell’agosto del 1936 pubblicarono un numero speciale, in formato di giornale murale, una doppia pagina pensata per essere affissa, nella quale invitavano tutte le madrilene a unirsi al collettivo di Mujeres Libres, che nel frattempo aveva stabilito la propria sede in un collegio cattolico espropriato e preparava iniziative di sostegno al fronte repubblicano.19 La prima attività messa in campo fu la creazione di “brigate di lavoro”, gruppi di donne mobilitate per andare a sostituire in vari settori gli uomini partiti per il fronte. Nel mentre, il collettivo madrileno prese contatti con un altro gruppo femminile, nato a Barcellona nel 1934 in seno alla CNT, proponendogli di unirsi al progetto avviato a Madrid e di federarsi in un’unica organizzazione. Fu così che nacquero i primi nuclei di Mujeres Libres, che ebbe una rapida espansione soprattutto in territorio catalano, e poi a seguire in numerose località della Spagna repubblicana, arrivando all’apice della sua crescita a contare almeno 20.000 aderenti.

Grazie anche alla spinta data dal conflitto, il piccolo collettivo madrileno si trasformò dunque nel giro di alcuni mesi in una delle maggiori organizzazioni femminili operanti nel fronte repubblicano, seconda come ampiezza soltanto alla comunista Agrupación de Mujeres Antifascistas. Al di là delle dimensioni raggiunte, Mujeres Libres si distinse però soprattutto per l’impostazione scelta: coniugando l’obiettivo di una radicale trasformazione sociale a quello dell’emancipazione femminile, considerò rivoluzione e liberazione delle donne processi interdipendenti e indissociabili, e assegnò dunque alle donne il compito di una doppia militanza, da una parte nelle organizzazioni di massa al fianco dei lavoratori uomini e dall’altra all’interno di un collettivo esclusivamente femminile. A partire da questa prospettiva, fu l’unica organizzazione femminile a rivendicare una sua indipendenza e autonomia d’azione, dichiarando apertamente la sua adesione al movimento anarchico ma al tempo stesso anche la volontà di non trasformarsi in una semplice appendice di questo. Riuscì a mantenersi un progetto gestito da sole donne, all’interno del quale le appartenenti avevano la possibilità di auto organizzarsi e sperimentarsi in ruoli decisionali, di portare avanti un’elaborazione teorica e attività pratiche libere da ogni prescrizione e direttiva maschile.

Questa rivendicazione di autonomia femminile, che provocò notevoli frizioni con il resto del movimento anarchico, poco propenso a riconoscerne la legittimità, fu la messa in pratica

17 La corrispondenza è conservata in Centro Documental de la Memoria Histórica (CDMH), PS Madrid, c. 432, 464, 1532; si veda anche J.M. Montero Barrado: Anarcofeminismo en España. La revista Mujeres Libres antes de la Guerra Civil, Fundación de Estudios Libertarios Anselmo Lorenzo, Madrid, 2003.

18 Sánchez Saornil, L., «Detalles interesantes de la extinta insurrección de Guadalajara», CNT [27 luglio 1936 circa]; Ead: «La C.N.T. y la F.A.I. en Guadalajara», CNT, 28 luglio 1936.

19 È stato possibile rintracciare questo numero di Mujeres Libres, che si pensava fosse andato perduto, nella biblioteca dell’International Institute of Social History di Amsterdam (IISH).

delle aspirazioni espresse negli anni precedenti da Lucía Sánchez Saornil e condivise da molte altre donne. Date le difficoltà sperimentate all’interno delle realtà anarchiche ad essere considerate in maniera paritaria dai militanti uomini, e considerate le pesanti ripercussioni che una società ancora fortemente maschilista e patriarcale produceva sulla condizione femminile e perfino sulla considerazione che le donne avevano di se stesse, la possibilità di auto determinarsi all’interno di una realtà libera da influssi maschili era considerata l’unica possibilità per far sì che le donne acquisissero veramente esperienza, capacità e competenze, e soprattutto coscienza delle proprie potenzialità; presupposti indispensabili, secondo Mujeres Libres, per un reale percorso di emancipazione.

Come è stato dettagliatamente ricostruito dalla storiografia, durante i tre anni di guerra l’organizzazione mise in campo un ampio ventaglio di iniziative, che coniugavano la volontà di apportare un sostegno concreto al fronte repubblicano e il desiderio di contribuire a modificare la condizione femminile: molteplici attività assistenziali a sostegno dei combattenti e della popolazione civile, creazione di mense popolari, asili nido e scuole per l’infanzia per permettere alle donne di sgravarsi dalle incombenze famigliari, la gestione di colonie che accoglievano bambini rifugiati, l’apertura di campi d’addestramento per donne all’uso delle armi, perfino una “Scuola di maternità consapevole” che, unico esempio di quei centri originariamente previsti dal decreto che aveva legalizzato l’aborto in Catalogna, mirava a diffondere conoscenze sanitarie, sessuali, contraccettive e di puericultura. Inoltre, in ogni singolo gruppo aderente all’organizzazione si svolgevano lezioni e attività culturali basate sul mutuo scambio di conoscenze tra donne, mentre nei grandi Istituti di Mujeres Libres aperti nelle principali città repubblicane veniva offerta a migliaia di partecipanti una formazione a tutto campo: istruzione elementare per combattere il diffuso analfabetismo, corsi di approfondimento su varie materie, preparazione politica, formazione professionale diretta a rendere le donne economicamente indipendenti, consentire loro un accesso a lavori qualificati e, nell’immediato, rendersi utili nel contesto bellico. L’obiettivo di lungo periodo che si poneva Mujeres Libres era «formare la donna ed emanciparla dalla triplice schiavitù alla quale è stata e continua ad essere sottomessa: schiavitù di ignoranza, schiavitù di donna, schiavitù di produttrice».20

Lotta di classe e di liberazione femminile si legavano così saldamente, come aveva preconizzato Lucía Sánchez Saornil già nei suoi scritti giovanili. Divenuta nel 1937 segretaria nazionale di Mujeres Libres, ne fu durante tutta la guerra tra le principali animatrici e teoriche, nonché spina dorsale della rivista dell’organizzazione, alla quale contribuì costantemente nel lavoro editoriale e con numerosi articoli, spesso lasciati anonimi per evitare una sovrabbondanza della sua firma in un progetto che desiderava risultasse il più possibile corale. D’altronde il suo nome appariva già ampiamente sulle numerose testate anarchiche con le quali collaborava con costanza come giornalista e opinionista, nel mentre che le peculiarità del conflitto in corso la portavano a riavvicinarsi alla scrittura poetica, ora non più come forma di espressione della propria interiorità, ma come mezzo per cantare l’epopea del popolo spagnolo in lotta contro il fascismo, in un nuovo stile dove il soggetto diveniva plurale e il linguaggio si faceva semplice e diretto.

Nell’aprile del 1937 lasciò Madrid e si trasferì a Valencia, dove era stata chiamata a partecipare a un nuovo ambizioso progetto del movimento anarchico.21 L’idea era mettere in piedi

20 Ateneu Enciclopèdic Popular (AEP), c. 486, 11192, Federación Mujeres Libres, Estatutos, Valencia, settembre 1937.

21 La data del trasferimento è attestata da L. Sánchez Saornil: «Una revolución para los tenderos», CNT, 19 aprile 1937.

un’organizzazione internazionale di sostegno alla Spagna repubblicana, di matrice anarchica, che gestisse gli aiuti provenienti dall’estero e svolgesse attività assistenziali a favore della popolazione martoriata dal perdurare della guerra. Lucía Sánchez Saornil venne nominata dalla CNT tra i tre componenti della commissione alla quale fu affidato il compito di gettare le basi della nuova realtà, che prese il nome di Solidaridad Internacional Antifascista (SIA) e che ricevette presto il beneplacito e il sostegno dell’AIT, l’Internazionale anarchica.22

Nasceva così una delle principali organizzazioni di solidarietà che avrebbero operato nel corso della guerra civile. Nonostante l’importanza rivestita da questo progetto nato in seno all’anarchismo spagnolo e configuratosi presto come una realtà di carattere internazionale, il tema è rimasto finora scarsamente approfondito dalla storiografia. È stato però possibile ricostruire il percorso e recuperare un’ingente quantità di documentazione su SIA seguendo le tracce delle attività portate avanti in quegli anni da Lucía Sánchez Saornil.23

Fu lei, difatti, a curarne fin dal principio l’attività di propaganda, occupandosi di preparare articoli, comunicati e manifesti rivolti sia alla Spagna che all’estero. Il progetto decollò e nei mesi successivi SIA riuscì a espandersi in varie località del territorio repubblicano, attivando gruppi locali, creando mense e punti di distribuzione di alimenti, decine di colonie per bambini rifugiati, squadre di soccorso che intervenivano sul fronte per assistere i feriti e nelle città a sostegno della popolazione colpita dai bombardamenti. Nel mentre, in altri paesi nascevano sezioni straniere, impegnate a raccogliere fondi, inviare in Spagna beni di prima necessità e svolgere azioni di sensibilizzazione e informazione sulla guerra spagnola. Agli inizi del 1939 SIA risultava ormai presente in tutti e cinque i continenti, con una ventina di sezioni nazionali, tra cui risultavano particolarmente attive quella svedese, forte del sostegno del sindacato comunista anarchico SAC-Sveriges Arbetares Centralorganisation, quella statunitense, che aveva al suo interno una settantina di gruppi, e quella francese, di fondamentale importanza per via della vicinanza territoriale alla Spagna. Proprio in Francia infatti venivano imbarcati i beni acquistati grazie alla solidarietà internazionale, che viaggiavano verso la Spagna con la copertura di una falsa società commerciale con sede a Marsiglia. Altre sezioni nacquero in America Latina, nel Nord Africa, in Australia e perfino nella Cina travolta dall’aggressione giapponese. L’attenzione di tutte le sezioni era concentrata soprattutto sul conflitto spagnolo e sul reperire fondi e aiuti per il fronte repubblicano, tuttavia la crescita di SIA, sostenuta dal desiderio di apportare solidarietà in una guerra vissuta da molti come evento cruciale nella lotta contro il fascismo, si rivelò anche un’occasione per rinsaldare la collaborazione e gli scambi tra militanti anarchici di differenti paesi e per tentare di elaborare una linea comune di contrasto alle derive autoritarie o fasciste in corso in varie parti del mondo.

Al centro di tutta questa rete di contatti internazionali tra realtà anarchiche si ritrovò ben presto proprio Lucía Sánchez Saornil, che nel maggio del 1938 venne nominata segretaria generale di SIA. Una carica importante e decisamente anomala per una donna all’epoca, alla quale dedicò molte energie, coordinando l’azione delle varie sezioni estere, curando i rapporti

22 Fundación Anselmo Lorenzo (FAL), Archivo CNT, 190, Mateo Baruta Vila, Pequeña historia de la constitución de SIA y su desarrollo actual y su desarrollo futuro, s.d.; Biblioteca del Polo di Scienze Sociali dell’Università di Firenze (BPSS), Fondo Cerrito [non inventariato], AIT, Fonds de Secours International, 15 giugno 1937.

23 Nella ricostruzione della storia di SIA, oltre all’analisi delle riviste portavoci delle differenti sezioni estere dell’organizzazione, è stata di fondamentale importanza la documentazione presente in FAL, Archivo CNT. Tra i pochi studi esistenti Cionini, V. (2011). «Solidarité Internationale Antifasciste, ou l’humanitaire au service des idées anarchistes», Diacronie, (7); Berry, D. (1990). «Solidarité Internationale Antifasciste: les anarchistes français et la guerre civile d’espagne», in Les français et la guerre d’Espagne, CREPF, 73-88.

con l’AIT, redigendo articoli e appelli rivolti alla stampa estera e dirigendo tutto il sistema di approvvigionamento e ricezione degli aiuti.

Nel periodo passato a Valencia Lucía Sánchez Saornil contribuì anche a un nuovo prodotto editoriale del movimento anarchico, il settimanale Umbral, una rivista illustrata di alto livello grafico, della quale fu vice direttrice. Per Umbral realizzò diversi reportage, diretti a indagare le esperienze di trasformazione sociale ed economica in corso nella Spagna repubblicana, presentando ad esempio la situazione delle fabbriche e delle campagne collettivizzate. Contraddistinti da uno stile narrativo, i suoi reportage riportavano interviste rivolte solitamente a persone comuni, donne e uomini sconosciuti protagonisti di quelle esperienze, dai quali si faceva raccontare nei particolari la vita quotidiana e il lavoro nei suoi aspetti più materiali. Per realizzarli viaggiava frequentemente, spostandosi in varie località spagnole, spesso in compagnia della fotografa ungherese Kati Horna, i cui scatti accompagnavano i suoi articoli.

Fu proprio nella redazione di Umbral, secondo quanto affermato da fonti orali, che Lucía Sánchez Saornil incontrò nel corso del 1937 colei che sarebbe stata la sua compagna per tutti gli anni a venire, América Barroso García, che era stata assunta dalla rivista come segretaria.24 Attrice di teatro, nata in Argentina nel 1908 da una famiglia spagnola,25 América Barroso si legò a Lucía Sánchez Saornil sentimentalmente e anche nell’attività politica, cominciando a collaborare con SIA.

Nel gennaio 1938, pochi mesi dopo essersi conosciute, andarono a vivere insieme a Barcellona, dove venne installata la nuova sede del Consiglio Generale di SIA, seguendo il trasferimento nella città catalana del governo repubblicano.26

Si trovavano ancora a Barcellona quando nel gennaio 1939 avvenne l’avanzata nazionalista in Catalogna. Si aprì allora una fase difficile e convulsa della vita di Lucía Sánchez Saornil, rimasta finora in gran parte sconosciuta per mancanza di fonti che permettessero di ricostruire quale fosse stato il suo destino. Per riuscire a fare chiarezza su questo periodo è stato di fondamentale importanza il reperimento di documentazione inedita riguardante SIA – la cui gestione a partire da quel momento assorbì completamente la sua segreteria generale –, nonché di fonti prodotte dalle autorità francesi, con le quali Lucía Sánchez Saornil si trovò ad avere non pochi problemi negli anni dell’esilio.

Come riportò in seguito lei stessa alle sezioni estere, a fronte delle rapide conquiste dell’esercito nazionalista SIA mise in campo tutta la sua struttura, rodata negli anni del conflitto, per offrire sostegno alla popolazione, facilitandone l’esodo dalle località di prima linea con camion e automobili e creando punti di soccorso e di distribuzione di alimenti lungo le principali via di fuga, intanto che provvedeva a evacuare le sue colonie infantili.27 Il 26 gennaio, mentre Barcellona cadeva in mano all’esercito nazionalista, Lucía Sánchez Saornil arrivava a Girona, una delle tappe principali del cammino della popolazione in fuga, dove SIA aveva trasferito camion carichi di viveri e stava organizzando convogli ferroviari diretti alla frontiera.28 Poi, negli ultimi

24 Archivio privato Helena Calvillo Samada (AHCS), Intervista a M. Elena Samada, realizzata da A. Fontanillas e R.M. Martín Casamitjana [Valencia], 1991.

25 AHCS, Consulado de la República Argentina, Libreta civica América Barroso García, Valencia, 14 febbraio 1951.

26 Archives Départementales de Seine-et-Marne (ADSM), Préfecture, M5440, Commissariat de Lagny, Notice Individuelle, febbraio 1939.

27 IIHS, ZDK27167, Consejo General de SIA, Boletín n. 20, Parigi, 21 febbraio 1939.

28 Bejarano, B., «De Barcelona a las puertas de Francia», SIA, 16 febbraio 1939.

giorni di gennaio, quando finalmente la Francia aprì i varchi di frontiera ai civili, insieme ad América Barroso lasciò la Spagna, dando così inizio al suo esilio.

Da Perpignan, con i due membri del Consiglio Nazionale di SIA, Mateo Baruta Vila e Cristina Kon Rabe, coordinarono le operazioni di prima assistenza agli spagnoli che entravano in Francia. In una grande struttura allestita con la collaborazione della locale Federación de Comités Españoles Antifascistas vennero accolti circa 3.000 rifugiati, intercettati ai posti di frontiera per evitare che venissero trasferiti dai militari negli improvvisati campi di raccolta. Grazie a una campagna di “adozione provvisoria” avviata già da settimane in Francia, i bambini provenienti dalle colonie di SIA furono collocati presso famiglie francesi, mentre da Perpignan partivano camion di rifornimenti per coloro che ancora aspettavano al di là del confine di poter lasciare la Spagna.29

Questo lavoro assistenziale venne bruscamente interrotto dalle autorità di Perpignan, che poche settimane dopo proibirono a SIA ogni attività e ordinarono l’allontanamento forzato dei suoi dirigenti dalla zona di frontiera.30 Parallelamente cominciavano i trasferimenti forzati di rifugiati sulla vicina spiaggia di Argelès-sur-Mer, dove una recinzione di filo spinato protetta da mitragliatrici delimitava il primo vero e proprio campo di internamento destinato agli spagnoli; come altri similari che verranno creati in seguito, era sprovvisto di baracche e di qualunque tipo di servizio, per cui gli internati vi passavano le notti al gelo, sottoalimentati e costretti a bere l’acqua di falde superficiali che, presto contaminate dagli escrementi, contribuirono a provocare epidemie e decessi. Parte dei rifugiati vennero invece trasferiti nei “centri di accoglienza”, strutture spesso in pessime condizioni sparse nei dipartimenti lontani dalla frontiera e destinate a donne, bambini e anziani.

Impossibilitati a rimanere nella zona dove venivano allestiti i principali campi di internamento, i dirigenti di SIA decisero di trasferirsi a Parigi, dove però agli esiliati spagnoli era proibito risiedere; vi si stabilirono dunque clandestinamente, grazie all’appoggio della SIA francese, e da lì cercarono di riprendere l’attività di assistenza ai rifugiati.31 Per prima cosa Lucía Sánchez Saornil ristabilì i contatti con le sezioni straniere, persi nei primi confusi giorni di febbraio, per rendere loro possibile l’invio degli aiuti, pacchi di viveri, medicine e beni d’uso quotidiano che venivano poi distribuiti nei campi di internamento. In ciascuno di questi SIA creò un gruppo di collegamento che si occupava delle comunicazioni con il vertice dell’organizzazione, al fine di rintracciare gli esiliati dispersi nei vari centri e metterli in contatto con le rispettive famiglie, così come cercò di recuperare le tracce dei bambini un tempo ospiti delle sue colonie, che erano stati sottratti alle famiglie d’accoglienza e sparpagliati sul territorio francese. Si occuparono poi di coloro che riuscivano a fuggire dai campi e si trovavano in una situazione d’illegalità, ai quali fornivano sostegno economico e coperture; d’altra parte, secondo la polizia francese che ne sorvegliava le attività, SIA era direttamente coinvolta nelle stesse evasioni, pianificate per rimettere in libertà i militanti anarchici di spicco e permettere loro di coordinare le azioni del movimento.32

Da Parigi Lucía Sánchez Saornil ricominciò a scrivere sulla stampa, iniziando a curare la rubrica España expatriada sulle pagine della rivista SIA, organo di espressione della sezione francese. Qui propose una serie di articoli che analizzavano la situazione degli esiliati, le cause

29 Consejo General de SIA, Boletín n. 20, cit.; «Carta circular a nuestro Comités Regionales y locales», SIA, 26 gennaio 1939.

30 «Le secrétariat de la S.I.A. espagnole siège a Perpignan», SIA, 2 febbraio 1939.

31 IISH, Goldman Papers 93, Lucía Sánchez Saornil a Emma Goldman, Parigi, 25 febbraio 1939.

32 IISH, ZDK27167, Consejo General de SIA, Boletín n. 21, Parigi, 22 aprile 1939; Archives Départementales des Pyrénées-Orientales (ADPO), Préfecture, 1M780, Le Commissaire Central de Police à le Préfet des Pyrénées-Orientale, Perpignan, 1 maggio 1939.

della sconfitta repubblicana e le preoccupanti evoluzioni del contesto politico internazionale. Pareva essere riuscita a rimettere in marcia SIA e tornava a intervenire nel dibattito pubblico con i suoi articoli, eppure la sua situazione, così come quella di tanti repubblicani esiliati, era particolarmente precaria. Nonostante risiedesse a Parigi clandestinamente, la polizia francese ne era infatti al corrente e l’aveva posta sotto sorveglianza speciale: la Sûreté nationale aveva aperto su di lei un dossier, inserendola in una lista di una trentina di anarchici spagnoli segnalati come “indesiderabili” o “particolarmente pericolosi”.33

Anche le attività di SIA si resero sempre più difficili, ostacolate da un lato dalle proibizioni imposte dal governo francese alle organizzazioni straniere, dall’altro dai dissidi interni nati con la sezione francese, critica verso le posizioni del movimento anarchico spagnolo dell’esilio e non più propensa a offrire appoggio al Consiglio Generale dell’organizzazione. Consapevole della necessità di cominciare a operare in maniera più discreta, Lucía Sánchez Saornil avvertiva le sezioni straniere: «La SIA spagnola, in mezzo a innumerevoli difficoltà che deve superare momento dopo momento, entra in una fase di lavoro silenzioso, però tenace.»34

Dopo alcuni mesi di osservazione, a giugno del 1939 la polizia l’allontanò da Parigi e insieme ad América Barroso e agli altri dirigenti di SIA fu costretta a trasferirsi a Orléans. Qui il gruppo dirigente di SIA lanciò una propria pubblicazione autonoma, Expaña expatriada, che pur non nominando mai esplicitamente SIA si dichiarava erede dell’omonima rubrica curata nei mesi precedenti da Lucía Sánchez Saornil. Subito finita sotto le attenzioni del Ministero dell’Interno, nel novembre 1939 venne proibita, considerata pericolosa per la sicurezza nazionale.35 Con l’entrata in guerra della Francia la repressione verso ogni elemento straniero si era fatta ancora più forte, e dal canto suo SIA non era più riuscita a mantenere i contatti con le proprie sezioni estere, finendo col perdere così ogni fonte di finanziamento.36

Pochi mesi dopo, di fronte all’invasione tedesca del maggio 1940, Lucía Sánchez Saornil e América Barroso furono costrette ad affrontare una nuova fuga; seguendo il flusso della popolazione e dell’esercito francese in disfatta si incamminarono verso sud, approdando infine a Montauban, dove si era stabilita una nutrita comunità di esiliati repubblicani. Per cercare di passare il più possibile inosservate, dichiararono alle autorità di essere cugine, così come faranno in seguito sotto la Spagna franchista; América Barroso trovò lavoro presso la mensa popolare montata dai quaccheri a sostegno dei rifugiati che affollavano Montauban, mentre Lucía Sánchez Saornil rimase per mesi priva di un’occupazione. Fu questa sua condizione di disoccupata a esporla nell’ottobre del 1941 a un ordine di allontanamento e di residenza obbligata nel piccolo paesino di Cazals; un rischio a cui riuscì a sfuggire trovando infine lavoro presso uno studio fotografico di Montauban.37

Altri rischi, ancora più gravi, dovevano tuttavia ancora arrivare per loro. Nonostante il basso profilo che cercavano di mantenere per non dare nell’occhio, la polizia di Vichy cominciò a interessarsi a loro con molta attenzione quando alla fine dell’autunno del 1941 una vasta indagine sul movimento anarchico spagnolo coinvolse tutto il territorio sotto controllo del

33 Archives Nationales (AN), Fonds Moscou, 19940475/8, Dossier Lucía Sánchez Saornil, Parigi, 1939.

34 Consejo General de SIA, Boletín n. 21, cit.

35 AN, Fonds Moscou, 19940497/36, 889, Dossier España expatriada, 1939.

36 IISH, Goldman Papers 333, Frank Gonzalez a Emma Goldman, Toronto, 13 novembre 1939.

37 Il periodo della loro permanenza a Montabaun è stato ricostruito attraverso i fondi del Cabinet du Préfet e del Commissariat de Montauban conservati in Archives Départementales de Tarn-et-Garonne (ADTG), e il fondo della Préfecture degli Archives Départementales du Gard (ADG).

regime di Petain, portando ad arresti e internamenti nei campi di molti attivi militanti anarchici. Dall’indagine emerse tra l’altro che uno di questi, Manuel González Marín, manteneva una copiosa corrispondenza con militanti presenti sia in Francia che nel Marocco francese, e per non apparire come destinatario delle missive utilizzava come “cassetta postale” proprio l’abitazione delle due anarchiche.

Le autorità di Vichy concentrarono l’attenzione in particolare su América Barroso, classificandola come anarchica pericolosa e ponendola sotto osservazione, finché non arrivarono a prescriverne l’internamento in un campo. Un rischio enorme, che poteva preludere a un suo successivo trasferimento nei campi nazisti, che però fortunatamente non si realizzò: un inceppamento delle comunicazioni tra il ministero e il prefetto della zona dette il tempo a Lucía Sánchez Saornil e América Barroso, consapevoli che dopo gli arresti del 1941 il cerchio si stava chiudendo anche su di loro, di pianificare la propria fuga. Nell’aprile del 1942, mentre ancora le autorità di Vichy non erano riuscite a mettere in pratica l’ordine di internamento, le due erano già approdate a Madrid.

Tornata nella sua città d’origine, Lucía Sánchez Saornil si rincontrò con il padre e la sorella. Andarono a vivere tutti insieme, con lei e América Barroso che si facevano ancora una volta passare per cugine e svolgevano il lavoro di venditrici su commissione per mantenere tutta la famiglia.38 La scelta di Lucía Sánchez Saornil di tornare nella Spagna franchista, indotta dalla minaccia di un internamento di América Barroso nei campi francesi, era quanto mai pericolosa considerato il suo passato di attiva militante anarchica. Alla dittatura non mancavano certo le informazioni su di lei, a quanto attesta lo schedario di Salamanca, creato sulla base della documentazione rastrellata dall’esercito nazionalista nel corso delle sue conquiste territoriali, contenente ben trentadue segnalazioni a suo carico.39 Ciononostante, Lucía Sánchez Saornil riuscì a salvarsi dalla repressione e a vivere i successivi decenni in Spagna senza subire ritorsioni. Su come ciò sia accaduto è possibile soltanto proporre un’ipotesi, basata sulle tracce documentali rinvenute.

Innanzitutto ciò che le fonti mostrano con chiarezza è che al suo ritorno in Spagna non optò per una totale clandestinità, procurandosi documenti falsi o nascondendosi in casa sperando che nessuno si accorgesse della sua presenza; queste vie, intraprese da altri repubblicani per tentare di salvarsi, dovettero risultarle impraticabili, considerando che doveva provvedere alle necessità di un padre molto anziano e di una sorella gravemente malata che non potevano sopravvivere senza il suo aiuto, né potevano essere coinvolti a loro volta in una vita clandestina. Esclusa questa scelta, si orientò verso il collocarsi in una situazione che non si può definire né regolare né di totale illegalità, una zona grigia dove l’obiettivo primario era cercare di non dare nell’occhio. Appena arrivata a Madrid, si preoccupò di dotarsi di un qualche tipo di documentazione, fondamentale per sopravvivere e poter avviare una vita quanto più “normale”. Richiese dunque un suo certificato di nascita, operazione discreta in quanto si trattava solo di avere a che fare con un ufficiale d’anagrafe, e sufficiente allo scopo, considerando come nella Spagna dei primi anni Quaranta un vero e proprio documento d’identità universale che soddisfacesse l’obiettivo di un controllo poliziesco efficace della popolazione era ancora un’idea in gestazione, che si realizzerà anni più tardi con la creazione del Documento Nacional de Iden

38 AVM, t. 132, h. 41075, Padrón de habitantes de Madrid de 1945.

39 CDMH, Delegación Nacional de Servicios Documentales de la Presidencia del Gobierno, Fichero.

tidad, e dunque per il momento tipologie di documentazione molto diverse tra loro consentivano il regolare disbrigo delle minime pratiche burocratiche.40 Il passo successivo fu registrarsi all’anagrafe, dove figurò con il suo vero nome e nel ruolo di capofamiglia; passaggio essenziale per ottenere la tessera del razionamento, senza la quale era impossibile pensare di sopravvivere, e ulteriore tassello per costruirsi un’apparenza di normalità.41 A completare il quadro, si stabilì a vivere in un quartiere diametralmente opposto a quella parte sud della città in cui aveva risieduto fino al 1937, e dove quindi minori erano le possibilità che qualcuno la riconoscesse e potesse ricollegarla a qualche avvenimento degli anni della guerra; e per riconoscerla era necessario averla incontrata personalmente per qualche motivo dato che, nonostante il ruolo pubblico che aveva rivestito, quasi nessuna sua immagine era mai apparsa sulla stampa, in conseguenza della sua ritrosia ad apparire di cui si è già detto. Per diminuire ulteriormente i rischi, a quanto attestano testimoni che la frequentarono in quegli anni, condusse il più possibile una vita nell’ombra, non mostrandosi in giro se non per le incombenze quotidiane, svolte il più possibile da América Barroso.

Apparire agli occhi dei vicini una normale famiglia – due cugine zitelle, tranquille e lavoratrici, che si occupavano di un parente anziano e di un’inferma – era di vitale importanza in un contesto dove la repressione della dittatura non era scatenata solo dall’alto, ma contava fortemente anche sulla delazione dei cittadini e sulla sorveglianza degli informatori di quartiere. Schivato questo pericolo, la speranza rimaneva che non si attivassero autonomi procedimenti della magistratura; ma a quanto consta non incappò in quegli anni in arresti, detenzioni o processi,42 che avrebbero facilmente riportato a galla il suo passato, e nessun organo della dittatura utilizzò il copioso materiale disponibile sul suo conto nell’archivio di Salamanca, che peraltro non sappiamo quando giunse a essere effettivamente catalogato, considerando il lungo tempo che fu necessario al personale di questo archivio per mettere ordine nell’enorme mole di documentazione sequestrata nei territori repubblicani. Non trovandosi in Spagna nel 1939 aveva evitato le immediate rappresaglie che si scatenarono all’indomani della vittoria franchista – quando un tribunale ricercò invece América Barroso, il cui nome era emerso nel processo intentato a una sua sorella, emettendo un ordine di cattura che inevitabilmente cadde allora nel nulla –43 e al suo ritorno in Spagna, questa l’ipotesi, riuscì a ricavarsi un esile spazio di sopravvivenza destreggiandosi nelle pieghe dell’apparato repressivo franchista, conducendo una vita anonima, approfittando della scarsa visibilità avuta durante il suo impegno militante e sopravvivendo attraverso vari lavoretti svolti in nero, dato che solo nel 1954 si procurò la tessera del sindacato unico franchista.44

A quella data viveva ormai stabilmente a Valencia, sempre in compagnia di América Barroso, e la nuova situazione di piena regolarità le consentì di svolgere lavori riconosciuti, come pittrice e come decoratrice di ventagli, mentre la sua compagna trovava un lavoro stabile presso il consolato argentino.45 Oltre alla tessera del sindacato ottenne il suo primo DNI, che le

40 Il suo certificato di nascita, rilasciato a Madrid nell’aprile del 1942, è conservato in AHCS.

41 Padrón de habitantes de Madrid de 1945, Op.cit.

42 A quanto risulta dai fondi conservati in Archivo General y Histórico de Defensa (AGHD), Archivo General del Ministerio del Interior (AGMI), Secretaría General de Instituciones Penitenciarias (SGIP).

43 AGHD, Tribunal Militar Territorial 1°, sum. 1074, c. 17204, n. 3, Irene Barroso García, Procedimiento sumarísimo, Valencia, 1939.

44 AHCS, C.N.S. de Valencia, Carnet Lucía Sánchez Saornil, Valencia, 2 marzo 1954.

45 Ministerio de Relaciones Exteriores y Culto de la República Argentina (MRECRA), Archivo Histórico de Cancillería, Legajo América Barroso García, Buenos Aires, 1951-1976.

venne rilasciato senza che a quel punto la dittatura, portato ormai a termine il silenziamento dei “vinti” della guerra e impegnata in quegli anni nell’ottenere un riconoscimento a livello internazionale, ritenesse di dover procedere nei suoi confronti.46

Trascorse gli ultimi decenni della sua vita conducendo un’esistenza ritirata, legata fino alla fine ad América Barroso, in un rapporto divenuto ormai clandestino, in quanto anch’esso possibile fonte di persecuzione sotto una dittatura che aveva reso l’omosessualità un reato. Relegata in un silenzioso “esilio interiore”, sotto un regime che aveva distrutto ogni speranza di trasformazione sociale e che aveva costretto in special modo la popolazione femminile a un balzo indietro di decenni, impossibilitata a riprendere a esprimersi pubblicamente e intervenire nella vita sociale come aveva sempre cercato di fare in tutta la precedente fase della sua esistenza, Lucía Sánchez Saornil incanalò la sua necessità di espressione e le sue riflessioni in un campo che le era ben conosciuto, la poesia. Non più rivolta all’esterno e alla comunicazione con gli altri, la sua poesia prese il carattere di una scrittura intima e privata, particolarmente introspettiva e con punte dolorose, in particolare negli ultimi anni della sua vita quando, saputasi malata di un cancro che la porterà a spegnersi nel 1970, incrementò i ripensamenti sulla sua esistenza, tentandone un bilancio ed esprimendo anche un desiderio cogente di una possibilità di salvezza ultraterrena.

Si trattava di una scrittura ormai ripiegata sull’interiorità, che ben rappresentava l’enorme cambiamento occorso nella sua vita in seguito alla vittoria franchista: dopo aver passato decenni proiettata in progetti collettivi, in lotte portate avanti in collaborazione con altri, con lo sguardo costantemente rivolto al destino comune della società e con l’obiettivo prioritario di riuscire a incidere sulle relazioni tra gli esseri umani, la sua vita si svolgeva ora in una profonda solitudine, segnata dal pensiero della fine.

Questo contrasto tra un prima e un dopo, tra una vita rivolta alla collettività e una nuova esistenza in cui il mondo si era ridotto agli angusti confini della sua individualità, lo espresse efficacemente in un componimento che restituiva dignità a entrambe le due condizioni, alle “due vite” che a lei, come a tanti altri spagnoli, era toccato di vivere:

Sempre ho detto: “noi”...

E la parola aveva l’ampiezza del coro

suonava come un organo dai mille registri.

“Noi” era una moltitudine

di calde mani tese,

pane condiviso,

guanciale accogliente;

era un cuore unanime:

l’interscambio di lacrima e sorriso.

Era un campo di spighe

che il vento inclina in una sola direzione

– ogni lettera una goccia di umanità profonda – .

Dire “noi” era consumare un vino

di cordialità fino all’ubriachezza.

Sempre ho detto “noi”

perché, ora, dico “io”,

46 ACDGP, División de Documentación, DNI Lucía Sánchez Saornil, Valencia, 10 luglio 1953.

un “io” solitario ed eretto,

alto come una torre cinta solo d’aria?

Dico, “io”, elevandolo

sopra quanto mi circonda;

e questo “io” possiede un aspro

schioccare di frusta.

Sì, ora dico “io”.

Ed è che, il cammino che devo percorrere,

non è altro che per questo “io” solo e amaro

che non condivide nessuno.

In questo momento,

ognuno è solo e aspetta;

è un’attesa che nessuno confonde

con una speranza,

perché è fatta

di disperazioni, precisamente.

Sì, ora dico “io”. Tutti

diciamo “io” un giorno…47

§

REFERENCIAS

ACKELBERG, M.A., 2005. Mujeres libres: l’attualità della lotta delle donne anarchiche nella rivoluzione spagnola. Zero in condotta, Milano.

BERRY, D., 1990. “Solidarité Internationale Antifasciste: les anarchistes français et la guerre civile d’espagne”, en Les français et la guerre d’Espagne, CREPF, Perpignan, pp. 73-88.

Borderías, C., 1993. Entre lineas. Trabajo e identitad femenina en la España contemporánea: la Compañía Telefónica, 1924-1980. Icaria, Barcelona.

Castro, E., 2014. Poesía lesbiana queer: cuerpos y subjetos inadecuados. Icaria, Barcelona.

CIMBALO, M., 2020. Ho sempre detto noi. Lucía Sánchez Saornil, femminista e anarchica nella Spagna della Guerra Civile. Viella, Roma.

Cionini, V., 2011. “Solidarité Internationale Antifasciste, ou l’humanitaire au service des idées anarchistes”, Diacronie (7).

Fontanillas Borrás, A., Martínez Muñoz, P., 2014. Lucía Sánchez Saornil. Poeta, periodista y fundadora de Mujeres Libres. La Malatesta Editorial, Madrid.

Martín Casamitjana, R.M., 1996. Lucía Sánchez Saornil. Poesia. Pre-textos IVAM, Valencia.

Montero Barrado, J.M., 2003. Anarcofeminismo en España. La revista Mujeres Libres antes de la Guerra Civil. Fundación de Estudios Libertarios Anselmo Lorenzo, Madrid.

NASH, M., 1975. “Dos intelectuales anarquistas frente al problema de la mujer: Federica Montseny y Lucía Sánchez Saornil”, Convivium (44-45), pp. 72-99.

~ , 1975. Mujeres Libres: España 1936-1939. Tusquets, Barcelona.

~ , 1981. Mujer y movimiento obrero en España. Editorial Fontamara, Barcelona.

~ , 1999. Rojas. Las mujeres republicanas en la guerra civil. Taurus, Madrid.

Vega, E., 2010. Pioneras y revolucionarias. Mujeres libertarias durante la República, la Guerra Civil y el Franquismo. Icaria, Barcelona.

§

47 AHCS, L. Sánchez Saornil, Por qué ahora…, s.d.

Michela Cimbalo si è occupata dapprima di internamento nei lager nazisti durante la seconda guerra mondiale e successivamente ha concentrato i suoi studi sulla guerra civile spagnola e in particolare sul ruolo svolto dalle donne in questo conflitto. Nel 2017 ha conseguito il dottorato di ricerca in Human Mind and Gender Studies presso l’Università Federico II di Napoli con una tesi sulla femminista anarchica Lucía Sánchez Saornil. La sua ricerca ha vinto la terza edizione del premio Vinka Kitarovic dell’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna ed è stata pubblicata in M. Cimbalo: Ho sempre detto noi, Viella, Roma, 2020.

§

Fecha de recepción: 16/05/2022

Fecha de aceptación: 01/09/2022

ISSN: 1889-1152. DOI: 10.1344/segleXX2022.15.4

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Revista catalana d’història 15 (2022), 59-78

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